...uno spumeggiante dialogo a distanza a colpi di miti, riti(e, perché no, liti), sfottò, equivoci, sofferenze, trionfi,scaramanzie, manie e tic da tifoso milanese. Un derbydella penna in cui ognuno mette mano al proprioarmamentario di “diavolo” o “serpente” per regalarci unagalleria di ritratti comici e struggenti – il nonno Vincenzo,la sciura Carla, Enrico Cucchi – e una girandola di episodispassosi e imprevedibili, teneri e bizzarri: i primi calciall’oratorio (al Gallaratese quello di Claudio, a Niguardaquello di Tiziano) e il primo derby a San Siro,indimenticabile come il primo bacio; la torta per il decimoscudetto del Milan – un gigantesco profiterole bianco aforma di stella – commissionata dalla società direttamentealla pasticceria del papà di Claudio; o quella volta in cuiproprio Claudio, imbucato a bordo campo come fotografo,irrompe sul terreno di gioco per abbracciare insieme aicompagni di squadra Aldo Serena, autore del gol dellavittoria milanista; senza dimenticare quando Tiziano –interista in incognito – ha dovuto partecipare al “chi nonsalta nerazzurro è” intonato dai suoi colleghi strarossoneridell’ufficio stampa del Milan (ebbene sì!): «Io saltellavo, ma inrealtà non staccavo mai davvero i piedi da terra, quindi noncommettevo nessun sacrilegio» ci tiene a precisare.Fedeli a San Siro è una divertente e (auto)ironicafenomenologia del derby meneghino, “un viaggio nell’eposdella pedata” alla milanese, per dirla con Gianni Brera,uno dei numi tutelari cui i due protagonisti-autori sono piùdevoti, insieme a Rivera e Beccalossi, beninteso. E se ledue squadre milanesi la fanno da padrone, la città non èda meno. Così il calcio diventa anche il pretesto perrendere con scanzonata nostalgia un omaggioa una Milano che forse non c’è più, e a quella di oggi, chenon sarà proprio come quella che non c’è più, ma che,insomma, tanto male non è. E almeno su questo l’Interistae il Milanista sono profondamentel d’accordo.

Dalla prefazione di Gianni Mura

Un libro di calcio su un webmag di musica? Certo, visto che uno dei due autori è Claudio Sanfilippo, cantautore meneghino (e milanista, qui più che mai), e che la prefazione si deve a quel Gianni Mura che della conventicola cantautoriale è da sempre fiancheggiatore tra i più illustri. Proprio dalla prefazione partiamo, estraendone un passo alquanto significativo: “c’è una cosa del tifo (per qualunque squadra) che non riuscirò mai a capire: l’odio per l’altra squadra”. E poco oltre: “Il tifo per me dovrebbe valere solo allo stadio e vicinanze e solo il giorno della partita (…) non si può essere tifosi in servizio permanente effettivo”.Ecco, questo è il punto: il vostro recensore ha sempre pensato che la passione per il calcio non debba per forza passare attraverso il tifo pro e/o contro qualcuno; che, anzi, il tifo, come qualunque forma di fideismo, non possa che sfavorire un’esatta visione del fenomeno-calcio. Che è anche un fatto estetico, per cui ogni preconcetto non può che danneggiarne (leggi obnubilarne) la fruizione.Ora Mura scrive quanto riportato (in mezzo a tanto altro, che – come si dice – varrebbe da solo “il prezzo del biglietto”) e prima, parlando del milanista Sanfilippo e del suo pendant interista (nonché coautore del libro) Tiziano Marelli, giornalista sportivo, li definisce “molto tifosi, per usare un eufemismo, ma non al punto di spaccarsi la faccia [vogliamo credere non solo fra loro, amici di lunga data, ma anche con ogni altro avversario di fede pedatoria]. Il loro è un pugilato di parole, divertente”. E’ vero: molto viene risolto nel segno di quella magica panacea che è l’ironia. E tuttavia… Tuttavia di ironia si può parlare per Sanfilippo, che stempera sempre (o quasi), regalandoci scampoli di vita (non solo sua, qua e là anche musicale) profumatissimi e preziosi; meno per Marelli, che utilizza sì un linguaggio ameno e brillante, però – viene da sospettare – più come paravento che come reale sublimazione/emancipazione da certe secche in cui il tifo finisce inevitabilmente per impigliarsi. Tante cose scritte, gli stessi frammenti di vita ripercorsi – scelte, amori, affetti in senso lato, ecc. – sembrano sottintendere un chiaro filtro passato al vaglio (per le forche caudine?) della fede calcistica. Naturalmente il diretto interessato negherebbe quanto sopra, ma l’impressione è esattamente questa. Lo si coglie, neanche troppo fra le righe, nei capitoli siglati (T.M.), che si alternano agli altri (tranne la paginetta e mezza che funge da intro, i due scrivono sempre separatamente), targati (C.S.), di regola più brevi, talvolta fulminanti, onestamente più godibili. Preconcetti di chi è abituato a scrivere di musica e conosce (piuttosto bene) il Claudio e non il Tiziano? Ovviamente a qualcuno farà piacere crederlo, magari ipotizzando persino una “serpeggiante” (termine usato non a caso, visto che i serpenti chi sono?) simpatia milanista. Il che non è, naturalmente. Libro comunque scorrevole, piacevolissimo, leggibile anche da parte di chi di calcio ne mastica poco. Consigliato quindi, anche al di là della prefazione di Mura.

Alberto Bazzurro - L'isola che non c'era