1. padano piceno
2. stile libero
3. ti parlerò d’amor, mentre va il disco
4. oro sulla neve
5. i miei figli, arroccati sul pennone
6. nettare e ambrosia
7. per noi randagi
8. le parole sporche (vorrei lasciare un segno di rimando)
9. madre, mia prima ed ultima sorella
10. un prezioso diradare
11. emilia
11. la canzone di Marinella
12. se piove non è lo stesso
13. terra
14. vapore
15. vedi, la sigaretta che fumiamo
16. avevamo un appuntamento (nelle pozze la pioggia si fa acqua)
Claudio Sanfilippo - voce, chitarra acustica, classica, elettrica e baritono
Francesco Saverio Porciello – chitarra acustica ed elettrica
Rinaldo Donati – chitarra elettrica, pedal steel
Marco Brioschi – flicorno
Andrea Donati – basso
Prodotto da Filippo Davòli e Claudio Sanfilippo
Direzione artistica di Rinaldo Donati e Claudio Sanfilippo
Registrato e mixato da Rinaldo Donati / Maxine Studio – Milano
Le poesie di Filippo Davoli (in corsivo rosso) sono tratte dai libri "Un vizio di scrittura" (Stamperia dell’arancio, Grottammare, 1998), "Padano piceno" (Ged, Biblioteca di ciminiera, Civitanova Marche, 2003), "Come all’origine dell’aria" (L’arcolaio, Forlì, 2010). I miei figli arroccati sul pennone è letta dall’autore.
Progetto grafico e illustrazioni di Serena Viola
Filippo mi racconta l'idea in una quindicina di secondi nell'orario "visite parenti": è passato un po' di tempo da quando abbiamo scoperto di esserlo.
Quella volta - complice la tecnologia cyberspace - mi aveva spedito parole deliziose sul mio primo album, Stile Libero, che lui si era procurato per via dell'omonima canzone interpretata qualche anno prima da Mina. Da lì abbiamo condiviso tante cose, mettendo nel piatto tutti gli ingredienti complici, che sono tanti. Poi mi è tornato tra le mani "Gli incendi" e ho ritrovato una sua poesia bellissima che ha innescato la scrittura di "Avevamo un appuntamento", la canzone che chiude e intitola l'album. In onore al senso di questo viaggio sarebbe stato imperdonabile non aprire le danze proprio con Stile Libero, e dare a questo nostro cerchio il tratto evocativo che merita. Buon ascolto, e come direbbe Vinicius, saravà...
Claudio Sanfilippo
Questo è un progetto nato al volo, senza fare calcoli. O meglio, facendo proprio i calcoli; ma quelli renali, all'ospedale. A monte di tutto c'è Mina, senza la cui versione di "Stile libero" non avrei mai iniziato le ricerche del Sanfilippo che l'aveva scritta (le rane fritte hanno siglato il nostro sodalizio, fanno tanti anni ormai...). Poi, un bel giorno che ricordo, Qualcuno che mi vuole bene mi ha riempito di figli. Il primo fu Wei Wei; dopo sono arrivati Ali, Es Haq, Ekram, Azim, Ahmad, Khaled, Amr, Gledon, Alfred, Bethel, Jules... e tutti gli altri che l'aria ha riportato nel cuore del mondo. Anche a loro sono grato.
E a Lui. Inevitabilmente. Me lo diceva, Franco Loi, che le occasioni te le crea la vita, non devi metterti a tavolino a strategizzare. Aveva ragione ancora una volta. A me, peraltro, viene spontaneo dargli retta, su una cosa così: sennò mi annoierei mortalmente. E da quale altro cilindro, tanti anni fa, sia spuntato Neri Marcorè non lo so più: a me pare di conoscerlo da sempre. Come il Sanfi, del resto. Come Rinaldo e Savè. E come Mina, Nerina e mia madre, che non ho ancora conosciuto.
Filippo Davoli
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Padano Piceno (F. Davoli)
Ho fermato il mio sangue.
Sono un padano fuggito per l’aria
coi vigneti a perpendicolo sull’infinito
e un ganglio di casolari abbandonati
all’estremo della luce. Io sono un villico
scampato all’abbandono delle colline.
Sbarco nel corpo della solitudine,
la mia parola mi costeggia e mi apre.
Stile libero (C. Sanfilippo)
Lui ci guardò, piegò i vestiti sulla strada
e nel naviglio si tuffò
mentre il tramonto ci arrossava …
nuotò, e lo seguimmo dalle sponde
tra gente, macchine e tramway
su quelle onde …
Stile libero, ecco cos’è
con quelle gambe e quelle braccia
ci puoi provare pure te …
guarda un po’ che bel sole che c’è
lo sai la gente che è annegata
e sembra viva più di me …
Lui si vestì, cantando un’aria della Tosca
e una signora inorridì
e lui sorrise in una tasca …
e poi, fumammo sigarette bionde
si galleggiava nel Pernod
su quelle onde …
Stile libero, ecco cos’è
con quelle gambe e quelle braccia
ci puoi provare pure te …
guarda un po’ che bel sole che c’è
lo sai la gente che è annegata
e sembra viva più di me …
Ti parlerò d’amor, mentre va il disco (F. Davoli)
Ti parlerò d’amor mentre va il disco
segnato dal tempo e pare quasi che dica
bella è la vita ma va
lungo i solchi scavati nelle case perbene
e gli arazzi che premono alle pareti.
Altri aratri dissodano i crinali
altre musiche vanno dritte dalle bocche
mescolate al sudore delle gole
e l’estate prorompe.
Oro sulla neve (C. Sanfilippo)
Scende più leggera dei pensieri
sembra un sogno, sembra ieri
ma non so se tanto o poco tempo fa
giù dal tram davanti a quel piazzale
che a vederlo bianco e muto
sembra che si sia inghiottito la città …
guarda il Beppe lì a San Siro insieme al golden-boy
oro sulla neve
che semina su di noi
vedi, sulla strada ci si incontra, prima o poi
oro sulla neve
che semina su di noi…
Anche quella volta in via Lomella
c’era neve e le baracche
eran tutte illuminate dai falò
lì ci fu il miracolo a Milano
comitiva a Lampugnano
per tornare tutti in vita, dopo un po’…
ridere, sgobbare, delirare per amor
oro sulla neve
che semina sul tuo cuor
adottare il mondo, riscaldarlo col paltò
oro sulla neve
che semina sul tuo cuor…
I miei figli arroccati sul pennone (F. Davoli)
I miei figli arroccati sul pennone
miracolo di un sogno ad occhi aperti
giù per il gorgo delle cupe, oppure
la distesa azzurrissima del grano
che ogni vento scompiglia, ma restando
aggrappati alle mura, in cima al cuore
che naviga il suo sogno. Tornare dentro
l’agitazione cosmica del microbo
che tocca nel suo minimo cammino
le molle universali, che scombina
gli ingranaggi del mondo.
È questo il meccanismo del randagio.
Lanotte chiede di essere percorsa
a piedi, con il corpo, dentro uno spazio.
La casa come l’auto
è un rimedio ingannevole che priva
del piacere di perdersi, guardando
con la testa all’insù, di lasciarsi
abbracciare dal freddo e dal caldo,
di ragionare a voce alta di tutt’altro
rispetto a quello che si congettura
quando il corpo è al sicuro.
Assassino il mestiere: la corteccia
entro cui muovermi senza molto rischio.
Guardo il ricordo
farsi mio memorabile nella luce
e sforo nella bella lontananza
che è ricongiungimento.
Nettare e ambrosia (C. Sanfilippo)
Quando dal mare ti vedo, laggiù
Con gli occhi nel tuo destino
C’è questa brezza che porta da me
Profumo di gelsomino
Alza gli occhi e guarda su
Com’è semplice questo sapore che c’è
È la tragica gioia di un attimo
Contemplata da quelli che passano …
Ci saremo anche noi …
Questo mondo è da vivere in fuga da fermi
Guardando la gente che va
Se si può ad una mensa con nettare e ambrosia
Brindare alla pioggia che ci bagnerà …
Piccole case riflesse, laggiù
Nel mare di pietra bianca
Luna che pare un’arancia va su
E la mia voce spalanca
Questo adesso scelgo io
Tra le mille diverse possibilità
Una notte di genesi e lacrime
Una piccola arte di vivere …
Vuoi venire con me …
Questo mondo è da vivere in fuga da fermi
Guardando la gente che va
Se si può ad una mensa con nettare e ambrosia
Brindare alla pioggia che ci bagnerà …
Per noi randagi (F. Davoli)
Per noi randagi piove sempre una notte
opportuna, un’occasione di scavi
nella memoria delle campagne,
una possibilità di voce. Le parole
escono da una stiva segreta
quando le stelle se le porta lo scirocco
e l’erba tumultua oltre il motore dell’auto.
Spegni dunque i tuoi fari, concedi
alla fronte uno spicchio d’aria lunare.
Che qui il mare è un oceano d’occhi che spìano,
un caldo fuori stagione che preme e chiama.
La carta trema tra le nostre mani, la debolezza
ci spinge ad un silenzio che è sguardo e fuoco
e luminosa è l’attesa.
Le parole sporche (C. Sanfilippo)
C'è una fretta che non è ansia
e una sete che non è arsura
la stagione dentro, liberata da folate di vento
il morso al frutto appena imbrunito
al contatto dell'aria
nella corrente, una finestra aperta
la tenda trattenuta nella fuga
E stare al tempo è traboccare dentro
e stare al tempo è traboccare dentro
ogni volta una scossa di assestamento
Sono ritmi di un altro mondo
scivolati come un sussurro, la natura dentro,
il mondo che non passa non vede
il vento al tatto, il corpo che suona
al contatto dell'aria
sono sirene le parole sporche
irresistibili tramonti d'oltremare
E stare al tempo è traboccare dentro
e stare al tempo è traboccare dentro
ogni volta una scossa d'assestamento
Vorrei lasciare un segno di rimando (F. Davoli)
Vorrei lasciare un segno di rimando
all’ora della nascita. Significare
non altro che un pulviscolo su cui
la luce imprime un nome.
Eppure amo la mia pesantezza
dentro la quale si dischiude il mondo.
Particelle amorose nel mosaico
fibroso degli incontri.
e stare al tempo è traboccare dentro
nelle parole sporche traboccare dentro
ogni volta una scossa d’assestamento...
Madre, mia prima ed ultima sorella (F. Davoli)
Madre, mia prima ed ultima sorella
cui forse ritornerò da polvere schiusa,
se leggi certo capirai chi sono.
Da tanti giorni nei giorni non ti penso
se non nelle preghiere.
Madre, fosti un tumulto
che sprofondava l’anima in delirio.
Poi ritornò la pace, ed eri e sei
la sorella segreta che mi volle
e questo di sicuro non è poco.
Sei il sangue che si ammala, sei le ossa
che cedono all’usura anticipata.
Sei gli atomi degli occhi, che sono tuoi.
E in tutto questo che tocco mi manchi.
Un prezioso diradare (C. Sanfilippo – N. Garofalo)
Lei teneva le parole appese alla sua bocca
Una che sporcava il rosso delle labbra sulla nocca
Era un’alluvione che rimbomba dalla porta
Era un mugolio stirato, un vaso senza il coccio
Una da tenere ferma, con il muso contro
Lei tremava e si allagava, nel mio mondo
E m’innamorava quel prezioso diradare
il suo mezzo cuore perso in mezzo al mare
un piccolo cuore rotto che nessuno sa aggiustare
lei che non pensava, non fiatava, sempre uguale
lei che dai suoi occhi si beveva il sale
nella mente c’era un prezioso diradare …
Era quel residuo scuro che non scrosti
Una cesta di fortuna con i panni sporchi
Sottovesti andate a male, coi suoi resti
Lei portava i morsi al pane e al piatto dieci dita
Era nel mattino rossa come una ferita
Nella stanza che sembrava sempre vuota
E m’innamorava quel prezioso diradare
il suo mezzo cuore perso in mezzo al mare
un piccolo cuore rotto che nessuno sa aggiustare
lei che non pensava, non fiatava, sempre uguale
lei che dai suoi occhi si beveva il sale
nella mente c’era un prezioso diradare …
Emilia (F. Davoli)
Al telefono riconosco la sua voce
riemergere per una serie di “come sai,
come ti dicevo… e poi ancora riaffiorano
i suoi capelli castani
lisci nel vento.
Emilia. Così la chiamo,
con un nome non suo
perché nessuno
la rubi.
La canzone di Marinella (Fabrizio De Andrè)
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella...
Sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla sua porta...
Bianco come la luna il suo cappello
come l’amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone...
E c’era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c’era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi
Furono baci e furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
Dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent’anni ancora alla tua porta...
Questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose
Se piove non è lo stesso. (F. Davoli)
Se piove non è lo stesso in casa o fuori
al tavolo di un bar
vuoto nel vuoto, scuro
nello scuro. E le femmine
che corrono via nelle pozzanghere
quando grida di sé la primavera
e è come se le auto si fermassero
e il cielo odora di vecchio e di nuovo.
Madonna mia, che freddo,
che bel freddo…
Terra (C. Sanfilippo)
Terra, terra
che ha il profumo delle stelle
terra, terra mia
terra corsa senza risparmiarsi mai, lo sai
e noi, si cresceva insieme all’erba...
Terra, terra
come il segno di un amore
che non ha un’età
terra dolceamara come il viaggio che farai laggiù
dove un sogno batte forte...
Questa notte questo campo siamo noi
siamo noi quei pellerossa
e negli occhi si riflette la magia
di una luna tutta rossa
e così passiamo un’altra notte ancora
e ci raccontiamo, senza una parola...
Terra, terra
di ragazzi in primavera
terra libera
cavalcata come una cometa di città, e chissà
quanta terra ancora resta...
Questa notte questo campo siamo noi
siamo noi quei pellerossa
e negli occhi si riflette la magia
di una luna tutta rossa
e così passiamo un’altra notte ancora
e ci raccontiamo senza una parola...
Vapore (C. Sanfilippo)
Quello che è fatto, quello che viene
quello che non c’è ancora e si vede, davanti a te
quello che ascolti, quello che senti
quello che non sapresti altrimenti, ecco cos’è
che ti racconta il fumo dal faro
luce che si confonde nel cielo
Tutto quello che non avremmo
mai saputo senza avere scritto
una favola, una storia
vivi dentro i disegni nei colori e nei segni scrivi dove ti porta il vapore
Quello che non avevi previsto
in qualche posto dentro è rimasto, insieme a te
Quello che non volevi sentire
e di nascosto potrebbe uscire, davanti a te
e da ogni sponda senti un richiamo
acqua che si riflette nel cielo
Tutto quello che non avremmo
mai saputo senza avere scritto
una favola, una storia
vivi dentro i disegni nei colori e nei segni
scrivi dove ti porta il vapore
Tutto quello che non avremmo
mai saputo senza avere scritto...
Vedi, la sigaretta che fumiamo (F. Davoli)
Vedi, la sigaretta che fumiamo
qui che c’è freddo ma noi stiamo dritti
e fermi, il fumo ci tocca gli occhi
e ci teniamo il male che devasta.
E questa è dignità. Ma ci fa bene
fumarcela un po’ insieme, perché soli
non si riesce a volte.”
Avevamo un appuntamento (F. Davoli – C. Sanfilippo)
Vedì, la sigaretta che fumiamo qui
qui che c’è freddo ma noi stiamo dritti
dritti e fermi…
Vedi, lo vedi il fumo che ci tocca gli occhi
e ci teniamo stretti al grigio e al sole
tra gli specchi…
Ma ci fa bene fumarcela un po’ insieme
perché da soli non si riesce a volte
e ci fa bene fumarcela e parlare
di quello che ci corre nelle vene…
controvento siamo andati, controvento ritornati
avevamo un appuntamento, avevamo un appuntamento...
Vedi, la sigaretta che fumiamo qui
nel tempo sollevato che ci tiene
sulla mano…
Ma ci fa bene fumarcela un po’ insieme
perché da soli non si riesce a volte
e ci fa bene fumarcela e parlare
di quello che ci corre nelle vene…
controvento siamo andati, controvento ritornati
avevamo un appuntamento, avevamo un appuntamento...
Nelle pozze la pioggia si fa acqua (F. Davoli)
Nelle pozze la pioggia si fa acqua.
Specchio di perla che partorisce il mondo
e simulacro limpido di insetti.
L’aria punge assordante le pupille,
snerva la vista un ritorno di luce.
Dentro il verde dei platani lontani
s’azzitta la città, vanno i bambini
a stuzzicare l’acqua e la vita.